Triangolo:
Ahhh…, 2019, boronzo naturale.
Palazzo Stanga Trecco:
non sarà mai più come la prima volta, 2018, bronzo dipinto, cera.
Courtesy of the artist, Ciaccia Levi, Paris – Milan and ZERO…, Milano.
Teatro di San Luca:
vorrei perdermi e non trovarmi più, 2023, bronzo nautico, caramelle di zucchero.
Courtesy of the artist, Ciaccia Levi, Paris – Milan and ZERO…, Milano.
Francesco Gennari (1973, IT) considera l’immaginazione un potente strumento di conoscenza, e attraverso di essa cerca di dare forma e significato a ciò che ci è negato vedere. La sua pratica artistica si basa su un’osservazione attenta del mondo, che Gennari sempre legge attraverso la lente del proprio io. L’artista è al centro del suo lavoro, protagonista della propria riflessione sull’esistenza. Ogni opera è una manifestazione di emozioni ed esperienze personali, tradotte in forme artistiche che perciò intercettano l’essenza del suo essere. Attraverso disegni, fotografie, sculture e una straordinaria cultura dei materiali, Gennari esplora temi profondi come l’assenza, il vuoto, l’identità e l’auto-definizione. Questi concetti vengono trasformati dall’artista in elementi tangibili e giocosi, che invitano lo spettatore a riflettere. L’uso di diversi mezzi espressivi permette di osservare la complessità della condizione umana da molteplici prospettive, creando opere che sono allo stesso tempo personali e universali.
In non sarà mai più come la prima volta 2018 il gesto di sbucciare l’arancia è una metafora che raccoglie tutte le esperienze che, ogni volta, sono uniche e irripetibili. Ogni esperienza, infatti, ha una prima volta. Questa prima volta, di una prima esperienza, la si deve vivere con la consapevolezza che tutte quelle successive saranno sempre diverse. L’opera è fissa nella forma delle scorze di arancia. E’ una natura morta. E’ anche una natura viva. La loro disposizione varia ogni volta in relazione all’ inconscio di colui che installa l’opera.
Nel solco del corpo di lavoro delle “Degenerazioni di Parsifal” di Francesco Gennari, anche vorrei perdermi e non trovarmi più mette in scena una materia, che questa volta viene animata da confetti metallizzati. La materia si disperde entropicamente dopo che la struttura in bronzo che la conteneva, circoscriveva e proteggeva, viene smontata. La materia interna diventa metafora dell’identità dell’artista che, quindi, si disperde in forma irreversibile nello spazio frammentato dai simboli delle stelle e della luna sul pavimento.
La quotidianità dell’artista che torna dalla corsa genera un sospiro di piacere quando lui si toglie i calzini, che divengono dunque oggetti metafisici della quotidianità. Questo sospiro è descritto dal titolo dell’opera, Ahhh…, che non evoca un concetto, ma, appunto, una sensazione di piacere.
Ha esposto in numerose istituzioni e musei internazionali, tra cui: Frac ile-de-France, Parigi/ Frankfurter Kunstverein, Francoforte/ Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma/ GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo/ Kunstmuseum Winterthur, Winterthur / Le Magasin, Grenoble / M HKA extra muros, Mechelen / Museo Marino Marini, Firenze / Museum of Contemporary art, Chicago / Nouveau Muse National de Monaco, Monaco / Palazzo Grassi, Venezia.