Silvia Mariotti (Fano, 1980) vive e lavora a Milano. Si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Urbino. La sua ricerca si sviluppa attraverso la stratificazione di elementi tratti dalla storia e dalla letteratura e di simboli culturali e sociali che evocano un senso di irrealtà, in bilico tra mistero e marginalità. Attraverso la fotografia e l’installazione, restituisce all’immagine le suggestioni e le esperienze vissute, raccontando di mondi ambivalenti che generano una sorta di sospensione temporale e allo stesso tempo aprono a nuove interpretazioni. Nel 2013 vince il primo premio, per la sezione fotografia, del Premio Celeste. Nel 2016 arriva finalista alla IX edizione del Talent prize di Roma, nello stesso anno svolge il programma di residenza artistica FAAP a San Paolo in Brasile. Nel 2019 è finalista al premio Rotary Club di Asolo e nello stesso anno vince il premio Level 0 con la GNAM di Roma all’interno di Art Verona, mentre nel 2020 pubblica il suo libro d’artista De uma estrala à outra edito da Boîte Edition. Espone in diverse gallerie e spazi pubblici in Italia e all’estero, tra cui il Museo d’arte Contemporanea di Lissone, il Museo civico di Recanati, Villa Manin di Passariano, la galleria civica di Pirano (SLO), Il Palazzo Lutetia – FAAP a San Paolo (BR), il Palazzo Ducale di Urbino, il Centro per le Arti Grafiche di Lubiana, il MACTE di Termoli e la Fondazione ICA di Milano.
All’interno di Cremona Contemporanea – Art Week, Silvia Mariotti presenta la serie di opere Boutade presso Palazzo Zaccaria Pallavicino – Fasa Architetti.
Silvia Mariotti racconta in questo modo le opere: “la serie Boutade nasce dall’impossibilità di potersi spostare per scattare in luoghi reali durante il lockdown del 2020; ho immaginato quindi di poter costruire dei nuovi “paesaggi” attraverso i materiali presenti nel mio archivio fotografico, manipolando e stratificando elementi naturali ma anche ricordi e suggestioni di viaggio. Hanno preso forma delle immagini fittizie che mi è sembrato naturale associare, per aspetto, ai diorami, come quelli presenti nei musei di storia naturale. Alla stessa maniera di questi ambienti fittizi, le immagini che ho realizzato si nutrono di ambiguità e senso del possibile, del reale tangibile. Quale parte è reale e quale manipolata? Come devo intendere poi questa manipolazione? Mi piace pensare che queste fotografie possano offrirsi come testi di lettura aperti, la cui stratificazione interna (che di fatto ha reso compiuta l’immagine) potrebbe condurre a numerose strade interpretative e immaginifiche, dove spontaneità e immediatezza si uniscono a una punta di paradosso. Come se le immagini si sovrapponessero in trasparenza, questi scherzi della mente ritraggono i pensieri e i ricordi dietro i miei occhi.”
All’interno di Cremona Contemporanea – Art Week, l’artista presenta la serie di foto 1#-2#-3#-4#-5# e Drowning Light, presso Triangolo Art Gallery.
Silvia Mariotti spiega così il processo artistico: “la serie di foto 1#-2#-3#-4#-5# si concentra sull’analisi del processo che porta alla realizzazione di un’immagine. Le fotografie ritraggono, in maniera casuale e amatoriale, i passaggi che hanno prodotto l’opera Drowning Light, allestita nella parte inferiore della galleria. Nella serialità delle teche e delle vasche di 1#-2#-3#-4#-5#, l’approccio, per certi versi più documentaristico, lascia alla vista la dimensione processuale dell’incompiuto, la poetica dei gesti e di ciò a cui l’atto del fare può dare origine. Osservare il procedimento e fermarlo in uno scatto fotografico rende vivo e lucido il momento del compiersi di un processo artistico.”
Drowning Light consiste in una serie di fotografie ottenute attraverso l’osservazione del processo di formazione di alcune cianotipie, realizzate con elementi naturali o ritagli di immagini che riproducono a loro volta elementi vegetali. La tecnica cianotipica si basa sull’impressione che le forme degli oggetti lasciano sul supporto, grazie all’esposizione solare e all’intervento di una soluzione chimica. Silvia Mariotti racconta: “ciò che mi interessa è il processo di trasformazione e il passaggio da un’immagine latente a quella definitiva […]. Le immagini restituiscono quindi un processo fotografico attraverso la fotografia stessa, creando una sorta di cortocircuito del processo indicale e generando immagini ambigue che trasformano un processo meccanico in una suggestione di indefinita natura che genera visioni di mondi subacquei, creando una sorta di simulacro. Mi piace pensare che questi “giochi nell’acqua” siano delle tracce di piccoli universi che a loro volta possano narrare storie o celare misteri. Gli elementi che fluttuano all’interno delle immagini sono suggerimenti, indizi o memorie, nascosti in ipotetici fondali o chissà dove, che aprono a luoghi non perlustrati rievocando un passato lontano, un istante del presente o distopie visionarie.”