Beatrice Marchi

Beatrice Marchi (Gallarate, 1986) è un’artista multimediale che vive e lavora a Berlino. Studia presso l’Accademia di Belle Arti a Milano, nella classe di Alberto Garutti, e termina gli studi presso l’Hochschule für bildende Künste (HFBK), nella classe di Jutta Koether, ad Amburgo. Rappresentata in Italia dalla galleria Federico Vavassori di Milano e a Berlino da Sandy Brown, Beatrice Marchi realizza numerose mostre presso istituzioni come l’Istituto Svizzero di Milano, musei come il MAXXI dell’Aquila e l’Osservatorio di Fondazione Prada a Milano. La pratica artistica di Beatrice Marchi si delinea attraverso vari media, tra cui il disegno e la pittura, l’animazione, la scultura e la performance, ponendosi al di fuori della normatività che accompagna la storia dell’arte. Nella propria ricerca, l’artista si lascia guidare da una profonda introspezione, che le permette di ragionare non solo riguardo se stessa, ma anche riguardo amici e familiari, partendo da una visione soggettiva per giungere a un pensiero collettivo. I temi che analizza riguardano gli stereotipi di genere all’interno della società contemporanea e delle dinamiche di gruppo; assieme al conflitto generazionale e le diverse sfumature della moralità che possono accompagnare questa narrazione.

All’interno di Cremona Contemporanea – Art Week, Beatrice Marchi presenta la mostra personale “Die das der Disaster” presso Palazzo Guazzoni-Zaccaria.

Beatrice Marchi, Rock Clutch, 2019, olio su tela, 70 x 60 cm – Ph. Andrea Rossetti

Sviluppando una ricerca iniziata nel 2017, l’artista propone una serie di opere che si concentrano intorno all’immaginario del paesaggio. Beatrice Marchi reinterpreta dipinti en plain air della storia dell’arte mediante uno sguardo bidimensionale, trasformando alcune vedute di cascate in réclame per accessori di moda, ironizzando riguardo l’utilità dell’opera d’arte, che viene asservita al bisogno di mercificare qualsiasi creazione umana. Chamomile Tea Bags, una serie di mini borsette ricavate da bustine di camomilla, sono una traccia profumata che conduce lo spettatore verso la performance Chamomile Therapy by Loredana. Loredana, la donna-gambero, nonché clown dell’artista, diventa per l’occasione una massaggiatrice, per mostrare al pubblico le proprie capacità professionali nonostante le chele. Nella performance, Loredana, aiutata dalla sua assistente, offre massaggi facciali al pubblico utilizzando fiori di camomilla caldi proprio con le sue chele. I più recenti dipinti della serie Camera Lenses (2023), mettono al centro il soggetto della macchina fotografica trasformandola da semplice strumento a protagonista del racconto. Beatrice Marchi, citando il celebre “On Photography” (1977) di Susan Sontag, consegna allo spettatore un racconto fotografico che agisce “by converting experience into an image, a souvenir”. Il tema dell’appropriazione dell’immagine è presente anche nella video animazione Autoritratto in ‘der Jungbrunnen’ nella quale vediamo un manichino dell’artista pedalare incessantemente ed entrare nella Fonte della giovinezza di Lucas Cranach il Vecchio. In questa immersione di pratiche artistiche, l’artista ripensa lo spazio come un personale susseguirsi di stanze private, un’alcova all’interno della quale video, pittura e performance dialogano.

La performance Chamomile Therapy by Loredana ha una durata di 15 minuti per ogni visitatore. Durante la terapia, Loredana aiutata dalla sua assistente, offre massaggi al viso ai visitatori a base di fiori di camomilla caldi.