Andrea Bocca (Crema, 1996) vive e lavora tra Crema e Milano. Attraverso l’interesse per la pratica scultorea e installativa, Bocca sviluppa il proprio lavoro a partire da un assiduo confronto con le forme dello spazio e degli oggetti che lo circondano. L’interesse nei confronti dell’architettura e del design, gli permette di sviluppare una narrazione che trasforma lo spazio espositivo in un racconto dove ogni forma narra la propria storia comunicando con lo spettatore. L’immaginario rurale da cui proviene, si fonde con quello industriale/urbano modernista, creando un database da cui attingere per rielaborare continuamente nuove forme. Finiture, verniciature, lavorazioni artigianali e industriali divengono segni strutturali della creazione di un paesaggio e di spazi in continuo dialogo tra interno ed esterno. Tra le mostre personali da segnalare: PROPS, curata da Edoardo Monti presso Palazzo Monti (Brescia, 2023); Wet paint, con testo di Luca Cerizza presso BALENO International (Roma, 2021); UKIYO, curata da Ginevra Bria e Atto Belloli Ardessi presso Futurdome (Milano, 2020). Nel 2019 presenta la sua prima personale – VOLVO – dopo aver vinto il premio Sanpaolo Invest.
All’interno di Cremona Contemporanea – Art Week, Andrea Bocca presenta la sua opera Action #1: apple presso Palazzo Guazzoni Zaccaria.
La scultura si sviluppa in quattro pareti di quattro altezze differenti intersecandosi al centro. Ognuna di esse, rivestita di tessuto per legatoria, presenta su di un lato una stampa grafica, mentre sull’altro una superficie riflettente in acciaio. L’immagine scomposta e riflessa nelle varie sezioni è quella di una mela stilizzata, elemento da sempre utilizzato come metodo di paragone per le proporzioni di oggetti e manufatti. La scultura diventa un dispositivo visivo in cui riproporzionare noi stessi riflessi nell’acciaio, l’architettura in cui è collocata e tutti gli oggetti nella quale si imbatte. A cavallo tra scultura, display e micro-architettura, il lavoro diventa contenitore e contenuto di una ricerca basata sulle forme dello spazio e degli oggetti che ridisegnano quotidianamente la nostra realtà. Le proporzioni e l’estetica della struttura fanno direttamente riferimento al lavoro del progettista Robert Probst, ed in particolare al sistema Action Office II per l’azienda Herman Miller. Lanciato sul mercato nel 1967, da lì a pochi anni un uso improprio delle pareti modulari avrebbe dato vita a quello che oggi noi chiamammo il sistema di ufficio cubicolare, ridisegnando la vita lavorativa di migliaia di persone.
Gouache dai colori accesi su porzioni di MDF fresati simulano frammenti di boiserie provenienti da diversi paesi. Elementi nascosti ai bordi delle pareti, solitamente camuffati come prese di corrente e griglie di ventilazione, diventano i protagonisti sovradimensionati dei pannelli sagomati. La boiserie, elemento per eccellenza decorativo a partire dal dodicesimo secolo, si trasforma in elemento grafico e scultoreo dettando il ritmo delle pareti espositive e disegnando così un nuovo paesaggio interno.